giovedì 25 agosto 2016

Terremoto



Sono le 3:36 di un giorno come tanti altri, un giorno in piena estate, il ventiquattro di agosto, un giorno finito da poco e già pronto per ricominciare la mattina seguente.È estate e la gente è in vacanza.
Sono le 3:36 e tutti dormono: i nonni, mamma, papà, amici, fratelli, conoscenti, turisti.Persone.
Dormono nelle loro case di pietra e di cemento, dormono e sognano qualcosa che il giorno dopo vorrebbero raccontare agli altri, sono tranquilli, chi non lo sarebbe a notte fonda.
Poi all'improvviso la terra trema, si sente ondeggiare il letto, la credenza, il bicchiere d'acqua che si ha in mano, si crepano le pareti, la strada si riempie di rughe, è questione di un attimo.
È notte fonda ma tutti capiscono cosa sta succedendo.Passa qualche minuto e di nuovo un'altra scossa, poi una terza, una quarta, una cinquantesima che vibra nelle viscere della terra e in quelle delle persone che cercano di scappare impaurite, provano a mettersi in salvo come meglio possono, sotto il letto o come hanno insegnato a scuola, cercano di risvegliarsi dal sonno che li intorpidisce.Alcuni, magari,  pensano sia soltanto un incubo.
Cadono le case, le strade si riempiono di macerie e detriti, le vie scompaiono.Non esistono più.Crolla tutto ed è talmente imprevedibile che non lascia scampo a nessuno, è un incubo, ma è realtà.
Così passa la notte, i paesi rimangono isolati, le strade chiuse, salta il gas, l'elettricità e la gente si stringe tremante nella coperta che è riuscita ad agguantare all'ultimo da casa, un attimo solo che ha fatto la differenza tra la vita e la morte.
Fa freddo nella vallata ma non importa perché chi è nelle strade si regge ancora sulle proprie gambe e ringrazia la sua stella per questo, immagina cosa sarebbe successo se avesse aspettato un secondo di più.Un attimo che per molti degli abitanti di Amatrice, di Accumuli e Pescara del Tronto è stato fatale.
Alla mattina si scava, con le ruspe, a mani nude, come si riesce, si fa il possibile, si sta in silenzio e si urla il nome di chi, fino alla sera prima, in quelle case aveva mangiato, scherzato, dormito.Si cerca disperati un gemito strozzato e flebile che dia la possibilità di avere ancora una speranza in cui credere; si estraggono i corpi, si piange di dolore e di felicità, si cerca di dare una mano.È questione di attimi, istanti importanti, imprevedibili e inaspettati che colgono quando uno meno se lo aspetta e non danno scampo.
E ripenso a me e alla mia famiglia, a quando nell'Hotel Roma di Amatrice c'eravamo noi, seduti ad un tavolo a mangiare, felici, sicuri e contenti della vacanza che avevamo trascorso e che stava finendo.Penso che al posto di tanti turisti saremmo potuti esserci noi, perché in fondo siamo un po' vicini di casa, non siamo così lontani.Penso alla fortuna che ho avuto io e a quanto sia imprevedibile la natura e la sua forza e a quanto devo davvero godermi la vita perché potrebbe finire da un momento all'altro.

"La tempesta è una buona opportunità per il pino ed il cipresso per mostrare la loro forza e stabilità"