Vedere
Tredici per me non è stato facile, a dire la verità l'ho iniziato molto per
caso perché ne avevo sentito parlare e l'avevano consigliata a scuola a mio
fratello. Non avrei mai pensato che potesse avere un così forte impatto su di
me, non avrei mai pensato che una serie tv potesse lasciarmi alla fine un misto
di emozioni contrastanti che nemmeno io riesco a spiegarmi.
Per
chi non la conoscesse, Tredici, è una serie tv americana basata su un libro di
Jay Asher che racconta la storia di Hannah Baker partendo dalla sua morte e no,
la ragazza non aveva nessuna malattia ma si è suicidata. Si tratta di tredici
episodi la cui voce narrante è proprio quella di Hannah che, poco prima di
morire, ha deciso di incidere tredici cassette in cui spiega le tredici ragioni
che l'hanno spinta al suicidio, ognuna delle cassette è indirizzata ad una
persona diversa e il "piano" di Hannah è quello di far arrivare le
cassette a tutte e tredici uno dopo l'altro: il primo, una volta ascoltate
tutte, le deve passare al secondo in ordine di registrazione. Scopriamo così
che intorno alla misteriosa morte di Hannah Baker si aggirano un Justin, una
Jessica, un Alex, un Bryce, un Marcus, un Tyler, una Courtney un Mr Porter e
tante altre faccette che si aggirano per i corridoi della Liberty High
scenografia della vicenda. Tra tutti questi ragazzi spicca il personaggio
principale di Clay Jensen che in tre parole potrebbe facilmente essere
catalogato come "il tipico sfigato" ma che si rivela in realtà uno
dei pochi a cui è sempre importato qualcosa di Hannah anche perché ne era
segretamente innamorato. Forse è proprio per questo che si dimostra essere il
personaggio più "cazzuto" quello che si prende le botte dei bulli
perché non ci sta a mentire, l'unico che sembra volere una sorta di giustizia
per Hannah, l'unico che non riesce a finire le cassette in una notte non perché
è lento di suo ma perché ogni singolo fatto, ogni parola, ogni ricordo evocato
gli provoca un dolore enorme.
In
Tredici non si parla solo di vita scolastica, di adolescenza ma di temi pesanti
e non sempre alla mano come la depressione, il suicidio, il bullismo, lo
stupro, questi sono quelli più eclatanti ma quello che colpisce di questa serie
è che non è così lontana dalla realtà che viviamo, non è così assurda o
improbabile, magari non con gli stessi termini ma è facile che ognuno di noi
abbia vissuto nella sua vita almeno una di quelle sensazioni. Tutti. Chi è
stato tradito da un' amica, che è stata insultata per il suo fisico, chi ha
visto comparire il suo nome sulla parete di un bagno con scritto Troia in nero
di fianco, chi per un attimo, solo un secondo, ha visto il buio nella sua vita.
Tanti ce l'hanno fatta a superarlo senza troppi problemi, in altri casi no.
Devo
ammettere che fino ad un certo punto non capivo il perché, me lo sono chiesto
più volte non riuscivo a pensare a come quelle prime situazione, certamente
spiacevoli ma non troppo, avessero portato Hannah ad uccidersi. Forse mi
sembravano solo sciocchezze, forse la stessa Hannah mi sembrava troppo una
vittima ma mi sono resa conto che non si può capire come uno si possa sentire
non si è quel qualcuno e che tutto quello che faceva Hannah, le cassette in
primis, non erano altro che una grande richiesta di aiuto, un grido disperato
di una persona che non è più così felice, che sente di non stare bene. È difficile non chiedersi come tutti abbiano
fatto a non accorgersi che lei se ne stava andando e l'unico che sembrava sulla
giusta strada, Clay, è stato fino a poco prima della fine incapace di farsi
avanti, di dire ce la farai e ce la faremo, di dire io sono qua, non me ne
vado, parlami. Forse è per questo che mi ha colpita dritta al cuore, perché io
mi sentivo come Clay, impotente e confusa. Hannah Baker è ognuno di noi, è
anche me che per un periodo ho abbassato la testa davanti a certa gente perché
mi sentivo un niente in confronto a loro.
Tredici
ha dei difetti, non è un capolavoro dal punto di vista tecnico, ma è efficace,
cavolo se lo è, ti fa pensare, riflettere, ti fa sentire bene e poi uno schifo,
ti fa capire che basta un niente per diventare un complice, che ogni
commentino, risatina, battutina, insulto può fare realmente del male a
qualcuno. Dovrebbero insegnarcelo a scuola, dovrebbero farcela vedere questa
serie che aiuta molto di più di tanto altro.
Non
ce ne rendiamo conto ma, come dice Clay in uno degli episodi, alla fine siamo
tutti un po' degli ipocriti, ci indigniamo solo a cose fatte davanti ad un
cartello 'non sei solo'.
Dovremmo
imparare tanto, imparare a conoscere davvero le persone, a capire quando hanno
bisogno di una mano e sono sul punto di mollare, dovrebbero esistere più
persone e amici come Tony che alla fine sembra un angelo custode, l'unico che
si dimostra vero e disposto ad aiutare Clay per sempre.
Vi allego il link di una delle canzoni della colonna sonora della serie, è molto bella, riassume un particolare istante della storia e rende molto l'idea.
alla prossima
ce
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