Immaginiamo di essere usciti un venerdì sera come tanti altri
, a mangiare al ristorante con i nostri cari, ad un concerto tanto atteso con i
nostri amici o ad una partita di calcio con i nostri figli.
Immaginiamo che sia una serata di festa, magari il nostro
compleanno, e tutto quello che vorremmo sarebbe goderci quelle ore di
spensieratezza con chi ci sta vicino.
All’improvviso però qualcosa cambia, quell’atmosfera
pacifica e felice si trasforma in una corsa contro il tempo e contro la morte.
La musica si interrompe, i calciatori si fermano e tutto
viene avvolto da un silenzio gelato spezzato da colpi regolari di Kalashnikov,
dalle urla, dai boati che si sentono fuori dallo stadio.
In pochi istanti una serata qualunque diventa la fine.
Vediamo corpi cadere di fianco a noi, vorremmo piangere per
loro ma le lacrime che si formano sono date dalla consapevolezza che i prossimi
saremo noi, è un attimo: se siamo riusciti a fuggire in tempo cerchiamo un
rifugio sicuro e aspettiamo, se siamo tra gli ostaggi l’unica cosa che
riusciamo a fare è obbedire e respirare.
Ci sentiamo così soli, vulnerabili, indifesi e lo siamo.
Pensiamo alla nostra famiglia, a ciò che stiamo per lasciare
perchè davanti alla furia disumana a cui assistiamo non riusciamo a trovare una
via di fuga.
Poche ore, tante cose, tante persone, tanta paura, poi il
buio.
Noi ci svegliamo con il sole e con la certezza di essere
intoccabili che giorno dopo giorno va sbriciolandosi un po’; Parigi, però,
prima di rivedere il sole e tornare ad una vita normale dovrà rialzarsi e fare
il conto delle vittime di quegli istanti in cui la vita è cambiata.
A meno di un anno da Charlie Hebdo, infatti, la capitale
francese è di nuovo in ginocchio, piegata da un attacco senza precedenti definito
già “ l’11 settembre francese”.
Una notte di fuoco e paura che tocca non solo i parigini e i
francesi ma ciascuno di noi che dalla Francia distiamo solo poche ore, noi che
temiamo di poter essere le prossime vittime e sentiamo l’insicurezza crescere
nelle ossa.
Strade, redazioni, lo stadio, i luoghi di culto e mete
turistiche, negozi e teatri, tutti luoghi di vita comune, punti di ritrovo e
divertimento vengono presi di mira e ciò che spaventa maggiormente è la
terrificante precisione nella pianificazione degli attentati e la freddezza con
cui questi uomini, ragazzi che hanno meno di trent’anni, compiono gli attacchi
come se si trattasse di cose normali perchè forse per loro questa è l’idea
della normalità.
Non serve più ormai fingere di non essere spaventati perchè
la paura e l’allerta sono massime, dobbiamo ammettere di avere paura ma
nonostante questo non dobbiamo cambiare le nostre abitudini e il nostro modo di
vivere.
Prestiamo attenzione e facciamo sì che i ragazzi crescano
riuscendo a distinguere il bene e il male, gli adulti ci insegnino che l’odio,
l’intolleranza, la superficialità, il pregiudizio e il sospetto non fanno altro
che aumentare la paura portandoci ad isolare quei musulmani che non hanno a che
fare con l’estremismo compiendo il
volere dei terroristi.
Neruda diceva “Potranno tagliare tutti i fiori, ma non
fermeranno mai la primavera” , infatti, se rimaniamo uniti, ci sosteniamo a vicenda rimanendo attenti e vigli non
faremo il loro volere e non ci piegheremo davanti al male.
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