martedì 29 marzo 2016

V.A.I.P.S (viaggiatori anonimi inciampati per strada)

Alla cortese attenzione di tutti coloro che respirano su questa terra e che hanno voglia di passare,
V.A.I.P.S.
Viaggiatori Anonimi Inciampati Per strada   presenta una nuova rubrica:    
                                                     
                                             Il Decalogo del viaggiatore (speciale)

Cosa sia un viaggio tutti lo sappiamo, non c’è bisogno di ricordarlo anche perchè la definizione di viaggio è molto soggettiva.
C’è chi parte in vacanza, chi per lavoro o per studio, chi perchè ha bisogno di una nuova possibilità per ricominciare.
Sta di fatto che ogni nuovo itinerario inizia con una partenza e termina con un arrivo.In mezzo a questi due estremi troviamo solo cose nuove e indescriviili che molto spesso porteremo nella memoria per molto tempo.
Ecco i miei 10 punti chiave perchè un viaggio diventi speciale:

-LA PARTENZA: molto spesso si progetta l’itinerario molto prima di partire e, specialmente se ci sono grandi città da visitare, si tende ad andare dove ci sono le attrazioni turistiche principali dimenticandosi che perdersi è il miglior modo per arrivare alla meta.Ora non intendo perdersi fisicamente e non trovare più la strada di casa e rimanere senza nulla in un paese sconosciuto ma, soprattutto in città, girare come turisti ma anche come cittadini locali, attraverso le viuzze interne, le piazze semi nascoste confondendosi con la gente del posto.
Insomma, si ad avere le idee chiare ma sì anche al lasciarsi andare e guidare dall’istinto.

-L’ATMOSFERA: le incomprensioni sono inevitabili, specialmente se si viaggia in gruppo con altri, però bisognerebe cercare di lasciare i litigi e i diverbi fuori dalla porta dell’hotel o dall’apertura della tenda o, ancora meglio, schiacciarli sotto le ruote della macchina o del camper.Insieme è difficile e lo so, però con un piccolo sforzo si può rendere tutto più piacevole per sè e per gli altri.L’atmosfera è fondamentale per la buona riuscita del viaggio e per rillassarsi.

-IL CIBO: se devo andare all’estero per mangiare italiano tanto vale rimanere in Italia e scendere sotto casa, se invece cambio solo regione la cucina diventa quella locale e allora va bene anche quella italiana.
Oltretutto imparando ad assaggiare nuovi piatti e nuovi sapori si riesce a conoscere molto di più la cultura del luogo stesso.Quindi immergiamoci nei sapori forti che a volte ci spaventano e proviamo poi, se non ci piace, possiamo cedere all’italiano, ma solo poco.

-LE FOTOGRAFIE: scattare fotografie è un metodo in più per far rivivere le sensazioni e le emozioni dei nostri viaggi e non farle morire appena tornati a casa.C’è a chi piace fare le foto e chi preferisce essere il soggetto, gusti personali.
È importante quindi non girare sempre con la macchina fotografica attaccata agli occhi ma usare gli stessi occhi per memorizzare il nostro cammino.
La memoria fotografica della mente è molto più grande di quella della macchina.

-GLI SPOSTAMENTI: la città è sempre molto trafficata, tra macchine e autobus di ogni tipo e colore si rischia di venire schiacciati da un momento all’altro ad esempio in Olanda, ad Amsterdam, dove oltre ai mezzi normali ci sono biciclette, scooter e tram in ogni direzione.Occhio alle indicazioni per terra perchè, a volte, non essendoci abituati non ci facciamo caso.
Da preferirsi i mezzi pubblici per spostarsi, permettono l’integrazione nella vita cittadina e sono molto più comodi e veloci della propria macchina.Ottimi anche due strani strumenti, i piedi, posti alle estremità delle gambe che, finchè non sono doloranti, ci portano lontani lontani e ci permettono di gurdarci attorno con calma.

-LA NOSTRA GUIDA: ogni viaggio che si rispetti ha alle spalle un’ottima guida che diventa una fidata compagna e molto spesso un’ancora di salvezza nel labirinto di vie e strade.Bisognerebbe sceglierne una varia, che non presenti solo itinerari cittadini ma anche parchi naturali, spiagge, belvederi e attrazioni che permettano di variare la scelta e rendere l’avventura più simile a quella di un esploratore.
La guida è uno spunto e va presa come riferimento, sta a noi decidere se seguirla o meno.Non prendetela alla lettera, è carta e anche la carta può sbagliare.Scripta manent, verba volant vero ma a volte anche no, le voci e i racconti di amici o estranei ci offrono spesso nuovi orizzonti e sono più utili.

-LA COMPAGNIA: forse è ancora più fondamentale dell’atmosfera perchè ogni compagnia diversa è protagonista di un viaggio diverso.Spesso ci si trova a vicenda, ci si cerca e si decide di partire.Che siano amici, parenti, animali, alieni o apparenti sconosciuti la chiave ideale è l’armonia e la compartecipazione di tutti i membri nelle scelte prese dal gruppo.
Meglio pochi ma buoni ma se siete in tanti no problem.
L’unica cosa è scegliere quelli giusti.

-INTERNET: il viaggio per molti può rappresentare una sorta di cura per la disintossicazione dal troppo uso di internet, all’estero, dove paghi per usare la rete, si limita l’utilizzo al minimo indispensabile cercando disperatamente una tacca o anche solo una parvenza di wifi per riimmergersi nel mondo virtuale.Giusto così, dimentichiamoci per qualche giorno di facebook o delle mail da guardare pensiamo piuttosto ad usare il portale per prenotare voli, hotel, campeggi, visite risparmiando ed evitando chilometriche code sotto al sole.
Internet explorer parte per una vacanza come esploratore e non vuole compagnia se non in casi di estremo pericolo.

-LA LINGUA: sforzarsi è l’arma vincente, non importa la difficoltà dei primi giorni o quella che può essere definita ignoranza della lingua, siamo umani ed è lecito sbagliare.Non troverete quasi mai abitanti scontrosi o scocciati dalla vostra inadeguatezza, al massimo rideranno un po’ di voi e avranno qualcosa di buffo da raccontare alle loro famiglie.Se rideranno, voi ridete con loro.
C’è poi da ricordarsi che in qualche modo ci si fa sempre capire: chi con i gesti, con i disegni, con un mix di lingue diverse tra cui una inventata personalmente.Le strade sono infinite, usiamole.

-I SOUVENIR: portiamoci a casa un bel vaso, una targa, una maschera voodoo o chissà cos’altro.Spendiamo un po’ per lo shopping artigianale che intanto non fa male nè a noi nè ai commercianti.
Lasciatevi consigliare con criterio e fate le vostre scelte.In alcuni posti, specialmente se viaggiate con bambini, sarà inevitabile fermarsi qualche ora e procedere a passo di lumaca per i negozzietti e le botteghe.Questa è una delle parti più divertenti del nostro percorso ed è una di quelle che mi piace di più e come ben sappiamo molto spesso rappresenta la fine del nostro viaggio e l’imminente ritorno a casa.Ognuno ha la propria collezione che deve portare avanti di posto in posto.

Questi sono solo alcuni dei punti principali, diciamo, quelli che io considero indispensabili.Perdersi tra i colori, la gente, gli odori e il traffico di un nuovo posto fa bene all’anima e agli occhi, è come lo spruzzino per l’asma che se usato dà nuova aria ai polmoni e poi ricominci a respirare più forte.
Girando, conoscendo, viaggiando conosciamo nuova aria  da portare una volta tornati a casa ed immagazzinare a nostra volta nella nostra vita di tutti i giorni.

"Non sono gli uomini a fare i viaggi ma sono i viaggi a fare gli uomini" cit.







domenica 13 marzo 2016

Senza titolo: ognuno lo dia per se stesso

Quando ero una bambina non vedevo l’ora di crescere, volevo diventare grande per assomigliare a mia madre, volevo fare quello che faceva lei, parlare di quelle cose che molto spesso vengono etichettate come appartenenti al “Mondo degli adulti” e guai a parlarne o anche solo accennarle ai minori di venticinque anni. Si rischiava grosso: in primo luogo un bel discorso dove veniva spiegato che, in realtà, ciò che avevo sentito non era reale e non succedeva davvero, poi mi mandavano in camera mia e spettava ai miei genitori ricevere la ramanzina dai nonni paterni.
Era un ciclo continuo e abbastanza noioso alla fine.
Io volevo sapere, volevo sentire il telegiornale, volevo conoscere qualcosa che andasse oltre ai nomi delle principesse Disney o le canzoni dello Zecchino d’Oro.Mi bastava poco, non volevo i particolari.
Crescendo ho mantenuto sempre la vispa curiosità da bambina ma ho iniziato a conoscere: parlavo con i miei genitori, chiedevo qualsiasi cosa ed esigevo una risposta quantomeno accettabile alla mia domanda.
È per questo che ora sono così, anche se un po’ ribelle come tanti adolescenti e a volte un po’ troppo scorbutica con la mia famiglia, sono solo io.
È un periodo che mi sento strana, non intendo fisicamente ma più caratterialmente, mi sento diversa, credo sia colpa degli ormoni in gran parte, ma per questo li ringrazio perché ora mi piace davvero tanto crescere.
Ho cominciato a fare tante nuove esperienze che mi hanno aperto la mente a nuovi mondi, ho conosciuto tante persone che ora a loro modo sono importanti se non indispensabili per me, sono quasi delle piccole isole che mi offrono un approdo sicuro.
Nonostante tutto ho iniziato anche a rendermi conto delle cose che mi danno fastidio che in parte assomigliano molto a quelle di mio padre, tutta colpa dei geni? Forse.
Non mi piacciono quelli che quando ti parlano non ti guardano o fanno finta di ascoltarti per compiacerti, non capisco chi non riesce a stare in silenzio per qualche minuto, non amo molto i giudizi e tutti quelli che, quando sono insieme ad altri, sono incollati al telefono.
In fondo io non sono tanto diversa: almeno uno di questi punti l’ho messo in pratica parecchie volte, me lo ricordo sempre perché mi aiuta a non cadere di nuovo nella trappola anche se a volte la tentazione è forte e cedo.
Che poi a dirla tutta sono passati un po’ più che due anni, non posso dire di avere chissà quale esperienza ma un piccolo bagaglio me lo sto costruendo.
A quattordici anni avevo in testa il concetto che esistessero delle persone, ragazzi come me, che valevano più di me solo perché conoscevano più gente, avevano avuto tanti “fidanzati”, avevano centinaia di “Mi Piace” alle loro foto sui social.
Li chiamavo i “popolari” ed è successo che non avessi nemmeno il coraggio di camminare a testa alta quando li incontravo per strada, le rare volte che non cambiavo lato del marciapiede per evitarli.
Mi vergognavo di me stessa, di quello che ero: la ragazza riccia e bassina che non arrivava mai prima in qualche cosa che faceva e che in realtà non si filava quasi nessuno dei ragazzi.
Mi sentivo una scema in confronto a loro che in realtà erano davvero per la maggior parte degli stupidi senza alcuna voglia o ambizione, non mi importava perché io mi vedevo meno e quell’ idea è rimasta per molto tempo.
Quando guardavo lo specchio a volte ci vedevo un’altra persona, non mi sembrava di essere la stessa dall’ altra parte della parete.Avrei sperato che si aprisse un varco tra il mondo riflesso e il mio così da portarmi via.Non mi sentivo io.Non ero Cecilia, ero un’interprete nel mio corpo.
Mi sentivo inutile eppure avevo tanti amici, alcuni buoni altri meno, avevo una bella famiglia, avevo un sogno e forse più voglia di riscatto di quanta ce ne fosse negli sguardi di quegli altri.
Poi non so cosa sia successo, forse ho trovato la mia strada, forse ho solo visto la “luce” ma mi sono come svegliata ed ho iniziato a vivere la vita non più passivamente.
Cecilia è diventata Ce, Cecia, Lumaca o più semplicemente e scherzosamente “l’Amica di merda”, tutti soprannomi che in un loro modo mi hanno un po’ salvata e mi hanno sempre strappato un sorriso e tuttora lo fanno.
Ho iniziato ad uscire sempre di più, a credere in me stessa ogni giorno che passava.E’ stata questa la mia salvezza, capire che io non ero niente di meno di quella che ero e che sono e che non dovevo invidiare nulla a nessuno perché tanto era inutile piangermi addosso.
In questi quasi tre anni ho capito che non me ne fregava niente essere conosciuta da tutti, mi bastava stare bene ed essere in mezzo ai miei amici, sentirmi a casa, essere uno dei pezzi fondamentali per formare il nostro puzzle; non mi importava se non ero mai stata la migliore, anche da seconda, da terza, da ultima potevo festeggiare.
Iniziando a credere in me ho iniziato a scoprire dei lati diversi del mio essere, mi sono iniziata a piacere anche esteticamente, ho riso molto di più e valorizzato le mie passioni e i miei punti di forza.
Ho scoperto di avere un piccolo talento, che magari sarà anche insignificante ma che mi ha dato una meta da raggiungere.
Ho iniziato ad usare le parole per scrivere quello che non riesco a dire a voce perché mi viene più facile imprimerle sulla carta.
Devo dire che in parte li ringrazio, quei finti playboy che credono di avere il mondo ai loro piedi perché sto diventando chi sono veramente senza nascondermi dietro ad una maschera e poi, è meglio essere carine ed intelligenti che belle e senza cervello.
Quindi, non ho idea di chi ci sia dall’altra parte di questo schermo, non so se tu sia un ragazzo, una ragazza, un adulto, un bambino, un nonno.Non so nemmeno se questo insieme di frasi messe un po’ a caso ti sia piaciuto e forse non mi importa veramente perché è un qualcosa di molto personale e non c’è da dire mi piace o non mi piace.
Voglio solo dire, dall’ alto dei miei quasi diciassette anni di vita, che sulla strada ci sono tanti ostacoli, tanti stronzi che non vogliono fare altro che essere i migliori e sotterrare chi considerano più deboli: ci saranno sempre, a scuola, al lavoro, per strada, a volte anche in famiglia.Chi ha più esperienza di me sicuramente ne avrà incontrati a sua volta.
A te, proprio a te che stai leggendo, fregatene, non starci male se non sei come ti vorrebbero gli altri perché non sarai nemmeno come ti vorrai tu e non lo saprai mai, abbandona i fili e la maschera da burattino e lascia che sia come deve essere.
Forse la tua arma e la tua forza è proprio non essere come ti vogliono gli altri, perché sarai diverso, sarai te stesso e sarà decisamente più bello vivere un vita tua a tutti gli effetti che schiava dei pareri di qualcun altro.


“ I'm through accepting limits                 “Accetto I limiti
'cause someone says they're so               perchè qualcuno dice che sono così                     
Some things I cannot change                  certe cose non le posso cambiare
But till I try, I'll never know!...                      ma finchè non provo non lo saprò!

As someone told me lately:                      Come qualcuno mi ha ditto dopo
"Everyone deserves the chance to fly!"    tutti devono avere l’occassione di                      
                                                              Volare!

To those who'd ground me             E a quelli che vogliono abbattermi
Take a message back from me”             porta un messaggio indietro da me!”

Tratto da Defying Gravity, da Wicked

mercoledì 2 marzo 2016

Recensione Spotlight

Boston, 2001.
Ufficio stampa del Boston Globe, sezione Spotlight, i telefoni squillano da ore senza sosta tanto che i giornalisti non sono abbastanza per ogni nuovo utente ansioso di raccontare la propria testimonianza.
Sono tanti, sono cresciuti e non si conoscono nemmeno ma hanno in comune la stessa storia, custodiscono tutti lo stesso segreto che per anni hanno taciuto ma ora sono pronti, ora l’intero mondo sa la verità.
Ci sono vicende che sono talmente grosse da affrontare che spesso ci si chiede se sia giusto o meno portarle alla luce e farle conoscere alla gente, si ha paura o semplicemente non si hanno le parole per rendere al meglio l’idea, e così si finisce per lasciarle scivolare nel dimenticatoio tra dubbi, domande, passi incerti e falsi alleati.
Lì rimarranno fin quando non arriverà qualcuno deciso a scavare a fondo e a prendersi la responsabilità del fardello.
Marty Baron è il giovane neo direttore del Globe, ha un aspetto abbastanza normale e sembra poco più che una macchietta destinata a scomparire senza lasciare il segno, tuttavia è determinato a trovare un’inchiesta da affidare a Spotlight che faccia riacquistare prestigio al giornale.
Barner, affiancato da “Robbie”, Mike, Matt e Sasha, intraprende un lungo percorso mirato all’individuazione e alla condanna della cerchia di preti di Boston che per decenni ha abusato di centinaia di bambini muovendosi di parrocchia in parrocchia e mantenendo la buona faccia di uomini di chiesa.
È il 2001 ma si stima che tutto sia incominciato nei primi anni settanta con casi isolati che pian piano sono diventati sempre più frequenti, zittiti da silenzi e smentite e cause sempre vinte dalla Chiesa.
Dalle confessioni dei “Sopravvissuti”, da cui i membri di Spotlight sono riusciti a farsi raccontare le loro esperienze, tracciano l’identikit di almeno settanta preti diversi, tutti impegnati in attività differenti: chi fa il sormone la domenica in chiesa, chi benedice le case, chi assiste le famiglie e persino chi è un professore in un liceo.
Tutti lontani e tutti alla ricerca di una giustificazione alle loro azioni: lo scegliere con cura le proprie vittime e il prediligere determinate condizioni sociali non sono casuali perchè, come verrà detto da uno dei ragazzi, “ Quando sei povero, la religione e la fede sono tutto e l’essere al centro dell’attenzione di un prete ti fa sentire apprezzato” o altri addirittura erano “apprezzati per quello che erano solo dai preti”.
Non si tratta più di “qualche mela marcia”, si parla di un intero sistema di cui lo stesso cardinale Law era a conoscenza dei movimenti loschi e ha sempre difeso tutti cercando di allontanare l’attenzione dalla pedofilia.
Spotlight arriva così ad una svolta decisiva, ormai ha in mano tutti gli elementi per incriminare Law e gli abusatori, gli articoli sono pronti.
E’ fatta!

Spotlight è un film di Tom McCarthy, premio Oscar come miglior film e miglior sceneggiatura originale, che fa luce dove ancora oggi c’è troppo buio.
Dalla pellicola traspaiono emozioni forti come la sorpresa, l’impotenza, la rabbia, il desiderio di riscatto, la vergogna e la voglia di verità.
Recitazione molto naturale e realistica, bella ambientazione e bella trama: avvincente e coinvolgente.
Consigliato.
VOTO: 8,5