giovedì 16 maggio 2019

Oceano mare


TERRA
C’è un’idea di terra
Che accomuna il mondo.
Quella della scoperta e del rispetto.
E non può esserci rispetto dell’altro
Se non si prova a conoscerlo.
La musica tende sempre la mano verso il diverso 
Ed è la buona metafora del viaggio.
E se viaggio è scoperta
La terra ne è l’essenza
Luogo di tutti e da tutti calpestato
In rotte vicine e lontane

(Paolo Fresu - poesie jazz per cuori curiosi)

Ho navigato tanto per mari più calmi o meno, ricordo il profumo penetrante sul ponte di comando mentre passeggiavo per passare il tempo. Infinito e sfiancante tempo che sembrava non voler passare. Non mi dava tregua il ticchettio dell’orologio in tasca, lo stringevo e mi sembrava di tornare sempre al giorno della mia partenza. Quanto era passato da quella mattina? Ore, interminabili ore. Forse giorni o magari settimane, e che ne so io? Lo vorrei sapere, ma ogni giorno qui è tutto uguale, ovunque mi giri vedo solo mare. E poi mare, mare, mare e ancora mare.
Forse non sarei dovuto partire, non avrei dovuto lasciare la mia casa, i miei affetti, i ricordi sorridenti di un’infanzia passata l’altro ieri.
Ricordo la stretta di mio padre, un abbraccio durato qualche istante, carico di emozioni, paura, dubbi, carico di parole che non ci siamo detti mai. Mia madre che piangeva, io che non volevo andare, la porta chiusa alle spalle e una valigia piena.

Una sola valigia.

La mia vita chiusa tra quei ganci ed una nuova che mi sarebbe apparsa da lì a poco.
Ricordo l’agitazione, l’euforia, i documenti che non avevo mai fatto vedere a nessuno prima di quel giorno. Un passaporto che non ero sicuro di avere. Gendarmi alla dogana che mi scrutavano dall’alto, mi scostavano i lembi del cappotto. Cosa mai penseranno di trovarci è una domanda che mi assilla per tutto il tempo. Mi lasciano passare, e come me altri cento, e altri cento fino a che la nave non è piena. Facce stanche, curiose. Bambini che corrono, accenti diversi, lingue diverse. Non pensavo che in uno stesso paese si potessero parlare così tante Lingue.
Mi tolgo il cappello, saluto, agito le braccia. Cerco nella folla sulla banchina mia sorella, l’unica che è venuta proprio fino alla fine, l’unica che ha il coraggio di lasciarmi andare completamente.
Ma ho promesso che scriverò non appena arrivo, che lancerò un grido talmente forte che lo sentiranno anche loro e allora sorrideranno perché ce l’avrò fatta,. Sorrideranno perché sarò in America.
In America, uno come me, uno come i tanti he stamattina fissano il mare muti in cerca di risposte.
America. AMERICA.
Sembra una parola così lontana, un grido silenzioso che mi rimbomba in testa.

La “vita nova” scrisse Dante, è ciò che cerco io là; vita diversa da quella che ho qui, vestiti diversi, città diverse. Tutto un mondo diverso da quello che mi lascio alle spalle.

È questo quello che penso mentre il cielo imbrunire e si alza il vento, mi sbatte un po’ ovunque, non sono coperto abbastanza, ma la mia preoccupazione è il cappello. Se mi vola via poi come faccio? Non accetteranno mai uno che ha perso il cappello in mare. Me lo tolgo e lo stringo forte al petto, lo annuso, profuma di sale o sole, di sapone per i panni che si usava a casa. I profumi, gli odori, anche i peggiori, saranno ciò che mi terrà ancorato alle mie radici.
L’acqua riflette la luce pallida di uno spicchio di luna, all’orizzonte forse c’è tempesta, non vedo stelle ma bagliori.
Quanto manca? Sono stanco.
Attorno a me rumori concitati, gente che sale e scende scale, cominciano i pianti.
Cosa succede? Moriremo qui? Su questa barca carica di sogni e di speranze?
Un tuono mi smuove dentro. Tremo e sento gli occhi inumidirsi.
I bambini si stringono alle madri che cercano di consolarli.
Dove sei mamma? Perché sono solo in questo mare, solo insieme ad altre centinaia di persone sole. Vorrei qualcuno ad abbracciarmi.
Schizzi salati saltano e mi bagnano i piedi, il mare si sta ingrossando, si agita e noi con lui.
Una schiera di anime mi affianca, sento gli uomini bofonchiare tra loro, si offrono una sigaretta. Ridono, o meglio, sorridono. Cosa c’è di così bello nell’affrontare la morte con il sorriso?
Io non voglio morire. Lo penso ad alta voce, uno di quelli si gira e mi offre un mozzicone malandato. Morire? E perché mai dovremmo morire proprio ora che siamo arrivati?

TERRA!
Sento ruggire da lontano.
TERRA!
Lacrime calde mi accarezzano le guance glabre.
TERRA!
Si scatena l’agitazione più totale. Le donne agitano i fazzoletti in direzione sconosciuta. Si levano le mani al cielo, da destra a sinistra. Si prega il Dio che ci ha fatto arrivare dopo tanto tanto tanto mare.

Eccola là, una lingua sottile più scura della notte, e migliaia di finestre illuminate a giorno come lucciole. Il faro ci guida sicuro in porto.

Terra, sussurro, e il mio pensiero corre a casa. L’America è davanti a me e, domani o tra qualche ora, ci poserò sopra i piedi anche io.

Vita nuova mi aspetta ion terra straniera, 
Gente che parte e non tornerà più indietro. Lo pensiamo tutti.
Vita nuova, cominciata su questa nave, tra l’ondeggiare e ondeggiare del mare. E la speranza che trabocca dal cuore di ognuno.
Vita nuova, ci divide su due file, un passo avanti ed uno indietro. Dottori in camice bianco, polizia che parla difficile, io non capisco e ho paura.
Vita nuova, Ellis Island, comincia da esule della mia terra e finisce come parte di qualcosa.

Vita nuova, mi aspettavo tutto, ma quanta fatica mi ci vuole, non vado bene, peso poco, sono malato, sporco, sono un criminale? Me lo chiedo anche io. Scappato da casa per qualcosa che non avevo e ora sono qui con niente in mano. Solo con un pezzo di carta e un braccio che mi indica di proseguire dritto lungo la strada che entra in città.

Vita nuova, mamma, tu che non mi avresti voluto lasciare partire, ora guardami con le bretelle nuove e un sorriso felice.

Vita nuova, papà, non sai quanto mi pesi essere italiano.




Woodkid: Land of All






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