È la paura di morire o quella di essere dimenticati che ci spaventa così tanto?
È la paura di vivere senza provare emozioni autentiche o quella di provarne di così intense da voler smettere di farci vivere che ci attanaglia fino a farci perdere il controllo?
Vivere da ingenui è un male o ci fa meno male vivere stando attenti per filo e per segno a ciò che ci succede?
Sono tutte domande che nascono spontanee dopo aver letto "Tutto quello ce non ricordo" di Jonas Hassen Khemiri, scrittore svedese-tunisino che attraverso i suoi romanzi, saggi e opere teatrali pone l'attenzione sulla concezione moderna di una società in continua evoluzione e trasformazione. Per quest'opera l' autore ha vinto il prestigioso Augustpriset.
Ci troviamo a Stoccolma e Samuel, protagonista silente, muore schiantandosi con l’auto contro un albero. Rimane inspiegabile quale sia stato il motivo: siamo di fronte ad un atto volontario o ad un casuale incidente?
Un giovane scrittore, sentendosi particolarmente coinvolto e vicino alla vicenda, si prende l'incarico di ascoltare e raccogliere i racconti di tutti coloro che conoscevano Samuel, incrociando storie, dolori, ricordi che vivono nell'incertezza dell'essere dimenticati.
Un viaggio a più voci che fa rivivere Samuel e la sua vita come se nulla fosse successo: Vandad, il migliore amico, colui che avrebbe fatto qualsiasi cosa per difendere Samuel dal male che la gente gli avrebbe potuto fare e che adesso si trova in carcere, la Pantera, l'amica storica e artista outsider che vive a Berlino cercando di spaccare con la sua arte, Laide, la fidanzata attivista per la tutela delle donne immigrate maltrattate e minacciate che pensa sempre a migliorare il mondo e se stessa anche a costo di minare gli altri, la nonna, che soffre di Alzheimer e sta progressivamente abbandonando la sua memoria al destino dell'oblio nell'atmosfera calma della casa di riposo.
"Odio la nostalgia...
È appiccicosa. Ti trascina indietro. È falsa e vuota e...codarda...
Ha a che fare con il dolore no?
Si. Tipo il dolore di non potere più tornare indietro.
Certo che si può. Basta ricordare.
Io però ho una una pessima memoria. Forse è per questo che ho bisogno degli oggetti."
Diventa proprio l'ansia di perdere tutto ciò che si è e si ha fatto, a spingere Samuel a scrivere quaderni e quaderni, e a riempire sempre di cose nuove la sua Banca dell'Esperienze affrontando il mondo degli adulti con l'atteggiamento e il sorriso di un bambino che vuole impegnarsi in quello che fa ma non sa che a tutto c'è un prezzo, e che non sempre le persone sono come si mostrano ai nostri occhi.
“Quanto deve essere forte uno schianto perché si senta fin nel futuro?
A che velocità bisogna andare per sopravvivere nella memoria di qualcuno?”
Khemiri intreccia le varie testimonianze in un susseguirsi di punti di vista differenti, ognuno dei quali racconta a modo suo un pezzetto di Samuel, fino ad arrivare all'io narrante finale che, come l'anello di congiunzione, mette insieme tutti i pezzi del puzzle. Il personaggio dello scrittore diventa allo stesso momento narratore, attore e interprete seguendo uno schema verosimile a quello teatrale, fermando nelle pagine di un libro il ricordo di una vita che è corsa e si è fermata, rendendo immortale Samuel e annullando la sua paura di scomparire per sempre.
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