giovedì 14 novembre 2019

Siamo mica un po' tutti Ponzio Pilato?

Da quando siamo diventati così indifferenti a tutto quello che ci circonda? Che cosa ci ha fatto convincere che, a volte, sia necessario voltarsi dall’altra parte invece che prendere una posizione?

La verità, purtroppo e con un senso di magone che attanaglia gola e stomaco, è che ci stiamo riducendo ad essere tanti piccoli Ponzio Pilato, con una differenza bella grossa: non abbiamo lo spessore che questo personaggio portava con sé, la capacità di non condannare un uomo solo perché altri lo condannavano a priori, gonfiati da altri ancora che si presentavano come detentori della verità assoluta, incontestabili. Tuttavia, noi, continuiamo a lavarci le mani in qualsiasi situazione non ci coinvolga direttamente come vittime, costantemente in lotta tra il Barabba e il Gesù del momento, incapaci di distanziarci da ciò che ci viene proposto come accettabile. Stiamo perdendo la capacità di cogliere i segnali e attribuire il giusto peso alle cose, che non sono tutte uguali, e non lo devono essere.

“Se le vittime sono gli altri, cosa me ne frega a me? Cosa mi dovrebbe spingere a schierarmi? Perché limitare il pensiero del mio vicino di casa? E vabbè dai, era una battuta. Ridi!” 
Che belle stronzate.

Sono frasi che non dovrebbero neanche attraversarci la testa: dovremmo essere i primi, forti della memoria che ci è stata raccontata dai “grandi”, dai genitori, dai nonni, dai testimoni del tempo, a capire che aiutare l’altro in difficoltà, tendere la mano, confrontarsi con il diverso e cercare un dialogo che avvicini e non respinga, debba essere la strada giusta per non perderci. Prestando attenzione al fatto che accettare non significhi dover diventare uguali agli altri come qualcuno tende a farci credere, e che libertà significa diritti e che i diritti possono essere di tutti in egual misura senza ledere l’orgoglio vitale di ognuno di noi.
"My God is better than yours
And the walls of my house are so thick
I hear nothing at all"
Ma per farlo abbiamo bisogno di esistere e resistere come persone, entità singole in grado di vivere in società, pensare e dubitare che quello che ci viene proposto o che sentiamo in strada, in negozio, in casa, non sempre sia da prendere così com’è. Imparare dagli altri, riconoscere che la propria posizione, a volte, è solo vincolata ad un unico tipo di informazione, capire che ci si può conoscere e incontrare, per la prima volta, a tre anni, così come a dieci, a venti, a cinquanta e a ottantasei. E che ci si può stupire che le nostre idee, fino ad allora portate avanti, non erano altro che scudi che ci difendevano da qualcosa di lontano da noi, ma di esistente, vivo e pulsante che aveva bisogno di una spinta per entrare nella nostra vita, lasciandoci lo spazio per analizzare e trovare un nostro compromesso.
Bisogna tuttavia essere disposti a spogliarsi di pregiudizi, innocui o violenti, mettendo da un lato la “pancia” e rendendo disponibili la parola e la testa.

Non è solo il bimbo di colore attaccato sull’autobus, non sono gli sguardi che attraversano e scannerizzano ognuno di noi tutti i giorni, non è la disabilità, non sono i post su Facebook e i cori da stadio, non è l’astio di alcuni anziani verso i giovani né viceversa, non sono le prediche e i sermoni, non sono i giudizi, non sono i sorrisi ironici, e non è nemmeno l’indifferenza e l’incoerenza. 
Non sono queste cose, ma sono tutte queste cose, ad annullarci come individui e ad assimilarci a una massa informe, che si muove in una direzione sola, attaccando, a seconda del momento, questo o quello, facendosi paladina di una libertà di parola, espressione e pensiero, che dovrebbe considerare di fermarsi quando va ad offendere chiunque altro, in nome, se non della ragione e del rispetto, almeno del buonsenso.

Sono Cecilia, ho venti anni, sono una ragazza e sono genovese orgogliosa di esserlo, italiana per tutta la vita, europea perché un giorno spero di trovarvi la mia strada il mio futuro condividendolo con altri, “cittadina del mondo” perché sono umana e ne sono innamorata. Ho la mia testa e capita che mi ci scontri. Credo nell’uguaglianza e nel bisogno di essere curiosi ma vigili allo stesso tempo, e a volte, ho paura di essere anche io indifferente al mondo che mi circonda, per questo motivo ho bisogno di raccontarmi, leggere e vedere che esistono persone che si battono ogni giorno, su tutta la Terra perché tra trenta, quaranta, novant’anni, ci possano essere migliaia di altri come me.

Liberi, in pace, a cui la vita consente di poter scegliere, sperando di non dover mai presentarsi con delle scuse solo per il fatto di essere come si è.


"As the waves crash high
And the shoreline disappears
I will scream to the sky
"Hey, people live here."




La canzone di cui sono citate due strofe è People Live Here - Rise Against 
Il consiglio musicale per il post è Human - Rag'n'Bon Man









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