Proviamo a pensare alla nostra Terra come ad un essere malato. Ha la febbre, dice il dottore, e ci prescrive una cura per far diminuire l’infiammazione alla quale noi ci atteniamo strettamente. Solo che la febbre non dura qualche minuto, può durare ore, giorni, a volte settimane. Può passare e ritornare, e noi dobbiamo adoperarci per farla sparire o quanto meno contenerla entro limiti accettabili. Ciò significa che più il termometro sale e più dobbiamo intervenire rapidamente, e per farlo a volte abbiamo bisogno di mettere davanti a noi stessi ai nostri interessi il bene dell’altro. Quindi addio calcetto, addio cene, può capitare di dover dire anche addio al lavoro per qualche tempo, è tutta questione di poco, ma se non ci muoviamo diventerà molto più complesso di questa semplice metafora.
Se facciamo mente locale a questi ultimi anni ci possiamo accorgere di tutti i sintomi che preannunciano il male. In giro senti dire che non ci si deve preoccupare, d’altronde d’estate ha sempre fatto caldo, d’inverno freddo, cosa c’è di preoccupante nell’alternarsi delle stagioni?
Il fatto strano è proprio questo: non esistono più le stagioni (e non è solo il detto “non ci sono più le mezze stagioni”). Solo pensando a questo nostro 2019, e alla mia Liguria, balzano all’occhio gli effetti anomali: già lo scorso autunno, intorno al 29-30 ottobre, una mareggiata inaspettata, accompagnata da vento fortissimo, ha devastato la riviera, e ricordo ancora il cielo giallo, cupo, che aveva creato un’atmosfera apocalittica sopra la città, la stessa che sta vivendo San Paolo, in Brasile, in questi giorni a causa del fumo; poi l’inverno che qui da noi non s’è visto, fatta eccezione per qualche giorno e una nevicata che non ci si ricordava da tempo in una città marinara come Genova, fatto sta che ci mancava poco che a fine febbraio fossimo già tutti al mare (e parliamo di febbraio! non di aprile o maggio. Pieno inverno), poi d’un tratto è venuto freddo, solo che a quel punto era davvero primavera inoltrata, ha piovuto quasi un mese intero, da far invidia a Londra tanto il tempo era uggioso, e adesso stiamo attraversando un’estate da record per le temperature raggiunte. Quindi è vero, è sempre stato caldo o freddo, ma mai in modo così sballato. Altrimenti non sarebbe stata presa la decisione di dichiarare lo stato di emergenza climatica. Qui come altrove, anche se sembra che a livello nazionale non ci si riesca a coordinare tutti verso una soluzione comune.
C’è una canzone molto simpatica degli Eugenio in Via di Gioia che si chiama “La punta dell’iceberg” che in una delle strofe riporta queste parole:
“Nel 2050 non esisteranno più le Maldive, poco importa andremo in Sardegna a festeggiare le vacanze estive, sommersa l’Olanda, scomparsa Venezia, poco male questo mare così dolce di sale, diluito così tanto che lo potremo imbottigliare, lo chiameremo l’oceano globale”
Loro ci proiettano in un 2050 che se andiamo avanti così non vedremo mai, o almeno non lo potremo vivere come ci aspettavamo. E i motivi sono molteplici: i ghiacciai permanenti, il permafrost, dei poli, della Groenlandia, dell’Islanda, delle Alpi, si stanno sciogliendo, iconiche e di tendenza sono diventate le foto con animali artici e polari costretti ad un minuscolo pezzetto di ghiaccio o a camminare sulla fanghiglia di neve sciolta laddove un tempo si sfrecciava con le slitte, e questo perché, per esempio in Groenlandia la temperatura ha toccato picchi di 23°. Come se non bastasse alcune delle foreste più importanti del mondo, Amazzonia e in Siberia, bruciano da giorni, e noi, inteso come società sembriamo non curarcene tanto che si autorizza l’intensificazione del disboscamento senza prevedere un piano per ripiantare gli ettari andati perduti. Il mare si alza, i pesci muoiono per colpa della plastica che usiamo tutti i giorni. Chiudiamo gli occhi come a non voler vedere.
Cosa ci importa in fondo se pian piano stiamo facendo collassare questo nostro pianeta dove sì ci piace vivere, ma dove alla fine dobbiamo morire prima o poi, quindi poco male se lo distruggiamo un po’ per volta?
“La punta dell’iceberg” degli Eugenio in Via di Gioia è ironica, sarcastica nelle sue strofe. “Tutti i ghiacciai ai confini dei poli saranno sciolti, gli animali di tutte le altre specie saranno estinti. Ma ci saranno le macchine volanti” recita provocatoriamente il ritornello, portandoci a sbattere il naso contro la realtà. In nome del progresso e dell’evoluzione rischiamo di tirarci la zappa sui piedi.
Tutti noi, nel nostro piccolo di cittadini, siamo responsabili dell’impatto sull’ecosistema, nessuno deve sentirsi deresponsabilizzato, me per prima, tanto che, negli ultimi mesi, ho cominciato a fare in modo di produrre meno danni possibili. Alla plastica usa e getta preferisco il il metallo, e pazienza, laverò due forchette in più, alla bottiglietta la borraccia, per fare la spesa porto lo zaino e non prendo sacchetti, se posso vado a piedi o uso i mezzi per spostarmi in città, e sto molto più attenta a fare la raccolta differenziata. Ovviamente a volte non si riesce a rimanere ligi alle regole che ci si è imposti, ma ci si prova. (come amici che magari sono in giro e stanno fumando, e invece di buttare la cicca per terra, la raccolgono in un fazzoletto che buttano in seguito).
Quello che deve cambiare radicalmente però è l’interesse politico, a livello regionale, nazionale, europeo e mondiale. Non è tanto “l’effetto Greta” a smuovere qualcosa nella coscienza, sicuramente lei può aver avvicinato persone che prima non si sarebbero interessate (migliaia di giovani), ma a farci davvero pensare che ne valga la pena, che sia una giusta causa da affrontare e risolvere finché si è in tempo, secondo me, è la consapevolezza di voler vivere. Il mio pensiero è “voglio viverlo questo mondo, non distruggerlo, perché io stessa ho una vita davanti e voglio viverla al meglio che posso. E come me, milioni di altri sulla Terra”.
Il 2050 ci appare lontanissimo, ma è dietro l’angolo, e sarà una svolta fondamentale per il corso della storia. D’ora in poi parte il conto alla rovescia, dobbiamo stare attenti, come nel film “In time”, ogni nostra azione ci toglierà un po’ di tempo, non possiamo permetterci di sbagliare.
Sarebbe davvero bello, in nome dell’umanità intera, che per una volta si mettessero davanti agli interessi dei singoli, il bene di tutti, la salute e la salvaguardia dell’ambiente. Altrimenti siamo tutti l’islandese leopardiano che appena incontra la natura mette le mani avanti prendendo le distanze dalle azioni scellerate degli uomini e lavandosene un po’ le mani.
“Deliberai, non dando molestia a chicchessia, non procurando in modo alcuno di avanzare il mio stato, non contendendo con altri per nessun bene del mondo, vivere una vita oscura e tranquilla”
Sono gli altri i cattivi. Non io.
Sbagliamo in questo pensiero, non ci sono buoni e cattivi, ci sono persone che forse sono più consapevoli di altri, e persone che sono esperte in questo campo che ci possono aiutare ad imboccare una strada che non è più solo un’opzione, ma una necessità per l’umanità intera e come tale, va messa prima di tutto.
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